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su karl the fog e sulla magia della nebbia

Karl balla con San Francisco ogni mattina. Se la tiene stretta,come un amante geloso, per lasciarla al sole solo poche ore e ricominciare la sua danza verso sera, quando il vento freddo soffia sulla baia.

Karl arriva ogni mattina con i suoi piccoli piedi di gatto, sornione, a osservare la Sua città.

Quando ti alzi e aprendo le finestre ti chiedi “ci sarà Karl stamani?” capisci che ha vinto Lui, senza possibilità d’appello alcuna. La nuvoletta grigia di San Francisco ti culla, ti fa sognare romanticherie mai pensate, fa apparire magico anche ciò che non lo è.

Nel suo alternarsi col sole ti ricorda la meraviglia della scoperta, del non visto che, finalmente,  si svela.

Quando sono salita su quella collina per vedere il Golden Gate, Karl me lo ha nascosto, antipatico. Non si vedeva nulla, ma nulla per davvero.

E poi all’improvviso,   con un passo felpato Karl mi ha lasciato scorgere  il panorama per cui ero salita così in alto, come a ricordarmi che solo grazie a lui lo stavo apprezzando cosi tanto.Sono stata la più felice delle persone in quel momento come se avessi appena ricevuto un piccolo prezioso regalo. E me lo aveva donato proprio lui, la Nebbia.

Karl è la più fredda delle estati,la malinconia dei primi giorni d’inverno,  il più solo dei cuori: eppure, fastidiosetto e tenebroso, comincia a entrarti dentro nel più dolce dei modi possibili, come un abbraccio. Karl è la speranza, la voglia di scoprire, la curiosità.

Karl è la Nebbia di cui ho avuto paura per tanti anni,  fino a quando non ho capito che era grazie a lei che stavo ritrovando il mio Sole.

 

 

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